La metropolitana è il sistema di trasporto urbano che caratterizza le grandi città. Utilizzata dai cittadini nella quotidianità o dai turisti in visita alla città, ci appare come un’immensa macchina inarrestabile e impeccabile, un mix di frenesia, rumori, annunci e scale mobili.
Dietro a tutto ciò si nasconde non solo un immane lavoro ingegneristico, ma anche e soprattutto il lavoro di architetti e designer, che ha il compito di rendere gli ambienti sotterranei delle stazioni meno inospitali e di favorire l’orientamento delle persone al loro interno.
La metropolitana di Milano in questo senso si configura come eccellenza a livello internazionale e caposcuola per il resto del mondo. Il progetto originario è ancora oggi, a sessant’anni esatti dalla sua inaugurazione, un vanto per il design italiano.
La linea rossa
La metropolitana milanese venne aperta al pubblico per la prima volta nel 1964. All’epoca era operativa soltanto la linea rossa che collegava Sesto Marelli a Lotto e il tragitto comprendeva 21 stazioni. A colpire è il fatto che questa prima parte fosse già un’incredibile opera di architettura e design. L’architetto a capo del progetto era Franco Albini, fra i più importanti del XX secolo.
La linea rossa della metro di Milano si articola secondo un impeccabile e continuo dialogo tra architettura, product design e design grafico, grazie al quale ogni elemento, progettato ad hoc per l’occasione, vive in virtù del contesto che tutti gli altri gli creano attorno e proprio lì trova l’opportunità per essere coerente e funzionare nel migliore dei modi.
Albini si occupò prevalentemente dello studio degli ambienti e degli arredi, affidando il progetto grafico al designer olandese Bob Noorda, fautore di alcuni dei loghi ancora oggi più noti e diffusi come quelli realizzato per Coop, Arnoldo Mondadori Editore, Feltrinelli, Agip e tanti altri.
La visione di Albini
Numerose furono le innovazioni di Albini al servizio di questo progetto, pensate nei minimi dettagli per connotare al meglio l’ambiente interno di un luogo di passaggio: i pannelli per il rivestimento delle pareti in Silipol (una resistente miscela di cemento e polvere di pietre) o la pavimentazione gommata prodotta appositamente da Pirelli (la gomma nera venne modellata in superficie con gli inconfondibili tondini a rilievo, perfetti per ridurre il rischio di scivolamento, attutire i colpi generati da scarpe e tacchi e per garantirne un’agevole sostituzione).
Tra gli elementi d’arredo spicca senza dubbio il corrimano, un tubolare metallico verniciato dello stesso rosso della linea, il cui segno distintivo si incontra nelle estremità, proprio dove questo si arriccia quasi a formare un punto interrogativo. Il successo di questo elemento si deve da un lato alla sua estrema semplicità, dall’altro al fatto che è unico nel suo genere e fortemente iconico. Altro elemento iconico è l’orologio, caratterizzato dalle spesse lancette rosse, celebre al punto da essere stato riproposto nel formato da polso da NAVA design per i cinquant’anni di attività della metro.
Il contributo di Noorda
Noorda è riuscito a sviluppare impeccabilmente sia l’identità coordinata della Metropolitana Milanese, sia l’intero apparato comunicativo necessario alla corretta e regolare fruizione da parte degli utenti.
Noorda improntò il progetto grafico sull’immediatezza informativa della segnaletica. Il primo passo fu quello di ridisegnare a mano i 64 caratteri tipografici dell’Helvetica, una delle font più note al mondo, apportandovi precise e puntuali modifiche al fine di renderla ancora più leggibile, soprattutto dai passeggeri in movimento che, apprestandosi a una stazione, devono riconoscerne subito il nome. Ebbe poi l’intuizione di ricreare, sotto la scia del corrimano di Albini, una fascia rossa opaca lungo tutta la lunghezza della fermata all’interno della quale, a intervalli regolari di 5 metri, doveva esserne ripetuto il nome in bianco.
È curioso notare come il binomio segnaletica-corrimano abbia letteralmente creato il fil rouge che lega e accomuna ancora oggi tutte le 21 fermate della linea rossa. Il designer olandese, infine, ideò per la nuova metropolitana anche il logo, una semplice composizione di due M specchiate che, in realtà, fu l’unica parte dell’intero progetto a non andare in porto, lasciando spazio alla grande M più squadrata che ancora oggi indica gli accessi alle stazioni.