Abbiamo messo a punto un prodotto, in legno/alluminio, che sfrutta le caratteristiche straordinarie del legno per garantire struttura e isolamento e quelle dell’alluminio per aumentare al massimo la gamma di finiture, garantendo
inoltre una facilità di manutenzione un tempo impensabile.
Il responsabile di produzione di Alluminio e Legno Alluminio Lorenzo Allegri
È arrivato in azienda prima di tutti gli altri e può garantirci che solo la tradizione è garanzia di futuro. Oggi, a quasi venticinque anni di distanza dal suo ingresso in azienda, è il responsabile della produzione alluminio e legno/alluminio.Lorenzo Allegri ha lo sguardo vivace e, non appena smette di parlare, sorride. Mentre il 4 luglio del 1997, quando mise piede per la prima volta nel capannoncino che oggi è “scomparso” nel grande stabilimento produttivo costruito in seguito, era un giovane geometra di cantiere chiamato a compiere i rilievi sul campo e a sviluppare gli ordini. Evidentemente l’entusiasmo è rimasto lo stesso di allora.
Gli chiediamo di partire dall’inizio, perché l’occasione di farsi raccontare da uno dei suoi protagonisti questa straordinaria avventura aziendale non capita tutti i giorni.
“All’epoca eravamo una decina in tutto. Si facevano soltanto infissi in legno e qualche oscurante, sempre in legno. Gli uffici erano nel sottotetto. Eravamo una realtà artigianale, che proseguiva la tradizione del fondatore con serietà”.
E i clienti come arrivavano?
“Il passaparola, all’epoca, era il veicolo principale. Il nostro territorio di riferimento era quello di Piacenza e provincia, per cui chi si affidava a noi ed era soddisfatto ci consigliava ad altri. Non avevamo rivenditori: c’era solo una piccola vetrina a San Nicolò, il paese in cui si trova l’azienda, a farci pubblicità. Lì si poteva dare un’occhiata agli infissi”.
Nessuna inserzione, neppure sul quotidiano locale?
“La comunicazione è arrivata insieme alla crescita, negli ultimi anni. Ma questo non vuol dire che non volessimo farci conoscere. Solo che le strategie erano altre. Ad esempio abbiamo avuto i primi agenti in Piemonte e iniziato a lavorare in cantieri in quella regione, oppure in Liguria o in Toscana. Poi…”
Lorenzo si perde per un attimo nei ricordi. Sempre con il sorriso sulle labbra.
“Mi piacerebbe spiegare cosa accadde con un aneddoto. Eravamo nei primi anni Duemila e tramite alcuni nostri contatti – un commerciale che ci aiutò con il contratto e un tecnico che seguiva gli aspetti di sua competenza – prendemmo la commessa per un cantiere enorme a Roma. Era un periodo in cui si costruiva, l’edilizia aveva un vero e proprio boom.
Solo che in genere forniture di quella portata finivano alle cooperative del legno, alle quali era difficile opporsi. Eppure quella volta… Insomma, ci impegnammo per settecento infissi in legno di Douglas. Eravamo ormai una quindicina a lavorare in Fossati, forse qualcuno di più. Non avevamo neanche gli spazi per una commessa del genere, dovevamo stoccare e tagliare il materiale in un capannone alla periferia di Piacenza e poi portarlo qui per la lavorazione. Inoltre una fornitura così grande comportava un’esposizione finanziaria per la quale ci voleva coraggio”.
Un coraggio che ci fu.
“Giovanni Fossati, che dal 1998 era ormai alla guida dell’azienda, lo ebbe. Era giovane, ma guardava oltre. E ci vide giusto. Riuscimmo in un’impresa impensabile, per una realtà delle nostre dimensioni di allora. A quel punto tutti, in Italia, sapevano che esistevamo e che su di noi si poteva contare. Addirittura, di lì a poco, fu chiaro che le nostre dimensioni contenute erano un vantaggio”.
In che senso?
“Si smise di costruire tanto come in precedenza. Il mercato si spostò sempre più verso la ristrutturazione, anche grazie agli incentivi fiscali. Le grandi cooperative, in genere, erano troppo strutturate per riuscire a riconvertirsi. Moltissime non ci sono più. Noi siamo riusciti a crescere nella direzione giusta”.
Cos’è successo?
“Nel 2007 abbiamo iniziato la produzione in PVC, che in ambito di ristrutturazione si presta benissimo. Ad esempio riveste alla perfezione i vecchi telai, senza bisogno di smurare, e ha profili ridotti grazie alla sua anima in metallo: porta via meno luce. E nel frattempo è cambiata la mentalità. Oggi non solo i tecnici, ma anche chi ristruttura è molto più consapevole. Si è iniziata a usare molto spesso un’espressione come ‘trasmittanza termica’, ci si è concentrati sulla resa in fatto di isolamento. Inoltre il PVC richiede una manutenzione facile e veloce. Il che è un punto a suo vantaggio: nelle nostre vite c’è sempre meno tempo e magari la domenica abbiamo più voglia di fare un giro, che di fare i lavori di casa”.
Quindi tutto a posto. Il PVC si è affermato senza problemi.
Lorenzo ride, poi ribatte: “No, non è stato così facile! C’erano delle resistenze, soprattutto all’inizio, perché non era un materiale naturale come il legno. Nei Paesi del nord Europa si usava già, forse anche per far fronte a condizioni climatiche meno favorevoli, ma da noi… Abbiamo dovuto produrre da subito secondo la nostra tradizione di qualità, riuscendo così ad accreditarci e ad accreditare quel nuovo materiale”.
Ma quindi, il legno?
Lorenzo fa il suo sorriso più grande: “È il futuro, esattamente come il PVC. Abbiamo messo a punto un prodotto, in legno/alluminio, che sfrutta le caratteristiche straordinarie del legno per garantire struttura e isolamento e quelle dell’alluminio per aumentare al massimo la gamma di finiture, garantendo inoltre una facilità di manutenzione un tempo impensabile. Il legno è al cento per cento lamellare, è del tutto esente da difetti ed è molto più stabile del Pino di Svezia massiccio che si usava maggiormente vent’anni fa. Il legno/alluminio lo considero una specie una specie di Ferrari dei serramenti, perfetto per chi costruisce tenendo presenti i temi della bioedilizia. È il mercato stesso che ci ha chiesto di portare con noi anche la tradizione che Fossati ha intrapreso oltre un secolo fa”.
Ieri la concorrenza era delle cooperative del legno, oggi invece arriva soprattutto da Est…
Lorenzo si stringe nelle spalle:
“È una concorrenza che si basa sull’impoverimento del prodotto. Niente design, niente scelte, gamma prodotti ridotta all’essenzialità legata al solo PVC. È una concorrenza che non guarda al futuro: se domani ci fosse bisogno di un piccolo intervento o di sostituire un pezzo, il prodotto made in Italy è una garanzia. Chi si accontenta di un infisso di bassa qualità, dovrà prima o poi sostituirlo. E questo, oltre a essere un costo, è davvero intollerabile in termini ambientali”.